“Chi rinuncia ai propri sogni è destinato a morire”. La Compagnia Mastro Titta non muore, anzi risorge dopo il grande, grandissimo successo di Grease portato sul palco del Mancinelli nel 2013. Non era facile, anzi era dannatamente difficile anche solo avvicinarsi a quel tripudio alla brillantina, non solo, la scelta di portare in teatro una pellicola non facile, come Flashdance, poteva risultare dannosa, tremendamente dannosa.
Ma nessuno in Mastro Titta rinuncia ai propri sogni e come Leonardo Pieraccioni dopo il grande, ineguagliabile successo de “Il Ciclone” ha continuato a sognare di realizzare storie comunque belle anche Mastro Titta continua a sognare, i nostri vanno avanti e Flashdance è la sfida su cui hanno puntato la bussola 2014. E non ci sono storie, l’ago punta ben dritto verso il successo. Anche stavolta. I livelli non sono quelli di Grease ma l’atmosfera c’è, l’impegno anche, la voglia di fare bene pure. E poi c’è Silvia Chiolle. E tanto basta.
Un successo ampio quello di Flashdance di Mastro Titta, un successo che conferma la grande maturazione di una compagnia nata quasi per gioco e oggi punto di riferimento del teatro amatoriale locale. La sfida è grande: un grande film come Flashdance di un grande Adrian Lyne, una grande, bravissima e bellissima Jennifer Beals, un allenamento martellante che ha fatto storia sulle note di “Maniac” di Michael Sembello, addirittura un Oscar vinto da Giorgio Moroder per la strepitosa “Flashdance… What a Feeling”. C’è da mettersi le mani nei capelli.
Mastro Titta e la sua anima intensa Paola Cecconi (e la meravigliosa, instancabile, armoniosa e tenace Silvia Chiolle) non solo non hanno paura, ma osano, e osano ancora, arrivando a dar corpo e fiato alla storia della ragazza diciottenne che lavora come saldatrice in una grande officina di Pittsburgh, in Pennsylvania, e la sera arrotonda il salario ballando in un locale notturno. Mastro Titta osa e sposa il sogno di Alex, le mette accanto una Jeanie che Enrica Cotarella fa sua, e un Nick che Tommaso Marricchi tenta di animare. La storia scorre, le voci di Rachele Santori e Chiara Dragoni impreziosiscono l’atmosfera (da brividi la graffiante Gloria) mentre un Vieri Venturi al solito superbo accompagna e disegna melodie nuove che incuriosiscono (bellissima Insieme, struggente e armoniosa).
Per il resto grande tributo alla musica rigorosamente dal vivo della Ultimo Secondo Live Band, precisi, presenti, ottimi dalla prima all’ultima nota perfino quando sul finale si sostituiscono al vinile che gira sul piatto. Qualche sbavatura dalle parti del mixer audio che incappa in un mix poco virtuoso che rilascia una musica troppo alta rispetto ai buonissimi passaggi delle voci degli attori sul palco. Buoni i tempi scenici nonostante quadri troppo pieni di gente: in molte scene lo spettatore non sa dove guardare perdendo di vista il centro scena. Simpatico ma destabilizzante il via vai degli “operai” di scena. Tenera l’idea del quadro del passato della piccola Alex a scuola di danza, superlativa Milena Capuano nella arcigna Plisseskaja. Le luci teatrali non riescono a ricreare le atmosfere date dalla fotografia della pellicola originale, ottimi invece gli abiti scelti, dal tailleur rosso fuoco di Alex alle sciarpe e cappelli a bordo pista di pattinaggio, alle scarpe nerissime e lucide di una Alex a cena con Nick. Una bravissima Diana Bettoja svetta su tutti (Chiolle a parte) e conquista il podio con un monologo denso di tensione e pathos e il suo “Bisogna sempre avere orgoglio e fame” va eletto senza dubbio a master claim dello spettacolo. Buono l’apporto comico di Marco Presciuttini e Luca Materazzo ma troppo slegati sono apparsi i due rispetto alla scene e soprattutto agli orginali di Lyne. Grande impegno del corpo di ballo, infaticabile Marco Cerroni, super in Lady Lady Lady.
In generale “missione compiuta”. Il precedente musical non lo nominiamo più, resta comunque inarrivabile per cui andiamo avanti e continuiamo a sognare perché “Chi rinuncia ai propri sogni è destinato a morire”. E Mastro Titta non è certo destinato a morire. Anzi.